Deforestazione – Parte I: Non è “solo” una questione di alberi

L’Enciclopedia Treccani definisce la deforestazione o disboscamento come: << Processo, spesso di lunga o lunghissima durata, di eliminazione del bosco in aree talora assai vaste, con conseguenti sensibili mutamenti delle caratteristiche del clima locale (aumento delle escursioni termiche diurne e stagionali) e del suolo su cui era insediato il bosco (diminuzione o scomparsa di sostanza organica, erosione superficiale e frane, per il venir meno dell’azione di regolazione del deflusso idrico esercitata dagli alberi e dal detrito organico presente nel terreno), e con effetti sui terreni contermini posti a valle del bosco (alluvioni). […] >>.

Secondo una recente valutazione da parte della Food and Agriculture Organisation of the United Nations (FAO)[1], le foreste del nostro pianeta coprono il 30.6% delle terre emerse, pari a circa 4 miliardi di ettari (1ha = 10.000 m2). Le cinque nazioni più ricche di foreste (Federazione Russa, Brasile, Canada, Cina e Stati Uniti d’America) presentano più della metà dei “polmoni verdi” del mondo. Un dato allarmante è che solo il 13% delle foreste della Terra sono al momento protette.

Uno dei compiti fondamentali della FAO è quello di esaminare lo stato di salute delle foreste mondiali sia dal punto di vista degli aspetti ambientali, sia dal punto di vista dell’economia globale. Questa situazione viene analizzata attraverso il Global Forest Resources Assessment (FRA), ovvero l’insieme delle valutazioni quinquennali relative a 234 tra nazioni e aree geografiche del pianeta.

Secondo i dati del FRA 2015 le foreste mondiali sono attualmente così costituite:

  • 36% Foreste vergini, dove l’attività umana è praticamente assente.
    • 57% Foreste naturalmente rigenerate.
    • 7% Foreste piantate, create dall’uomo attraverso la semina e/o rimboschimento.

L’esempio “virtuoso” della Cina: Negli anni ’90 del XX secolo l’Asia mostrava una costante perdita di aree forestali, ma il cambio di politiche ambientali di inizio secolo a opera soprattutto dalla Cina ha ribaltato questo trend negativo. Nel decennio 2000-2010 in Asia è stato registrato un guadagno netto di foreste nell’ordine di 2.2 milioni di ettari annui, dovuto principalmente ai programmi di rimboschimento attuati da Cina, India e Vietnam. Questo notevole miglioramento è stato parzialmente offuscato da alcune nazioni del sud-est asiatico dove la deforestazione continua a essere causa di gravissimi danni ambientali.

Non è però tutto oro quello che luccica… Secondo il report “Amazzonia nel piatto” della World Wild Fund for Nature (WWF)[2] pubblicato nel 2014, la produzione di soia nel mondo tra il 1996 e il 2012 è passata da 130 a 269 milioni di tonnellate e secondo la FAO questo valore è destino a raddoppiare entro il 2050. Nel decennio 2000-2010, quello dei programmi di rimboschimento, il consumo di soia in Cina è passato da 26,7 a 55 milioni di tonnellate, di cui 41 milioni sono state importate. Diverse foreste vengono distrutte per fare spazio alla coltivazione della soia e l’Amazzonia, suo malgrado, è in prima linea. Il commercio tra la Cina e Brasile nel periodo 2000-2010 è aumentato di dieci volte. Oltre metà delle esportazioni di soia del Brasile finiscono in Cina.

FORESTE DA SALVARE

La Grande Foresta del Nord è un’area geografica che rappresenta circa un terzo di tutte le foreste rimaste sulla Terra. Questo ecosistema terrestre si estende per circa 16 milioni di km2 dai territori dello stato americano dell’Alaska a quelli della Federazione Russa, passando per il Canada e la regione geografica della Scandinavia. All’interno del territorio della Federazione Russa si trova la Foresta Dvinsky. Nel 2001, grazie a una campagna di sensibilizzazione di GREENPEACE[3] e a numerosi negoziati tra organizzazioni non governative e aziende del settore del legname, si è raggiunto un accordo per vietare il taglio di legname all’interno di questa foresta. Purtroppo però dall’ora a oggi la foresta ha perso oltre 300 mila ettari, mettendo anche a rischio l’habitat di una delle ultime popolazioni di renne selvatiche.

L’equatore terrestre, una linea immaginaria che porta con sé una maledizione reale. Intorno alla zona di separazione tra l’emisfero boreale (nord) e quello australe (sud) si sviluppano tre delle aree forestali più grandi e a rischio deforestazione del nostro pianeta:

L’Amazzonia è la più grande foresta del mondo con una superficie di circa 5.5 milioni di km2. Essa si estende su nove nazioni: Brasile, Colombia, Perù, Venezuela, Ecuador, Bolivia, Suriname, Guyana e Guyana francese.  Il bacino del Congo presenta la seconda più grande foresta pluviale della Terra con una superficie di circa 1.7 milioni di km2. Essa si estende su sei nazioni: Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo (Zaire fino al 1997), Repubblica Centroafricana, Gabon, Guinea e Camerun.  Il sud-est asiatico è una regione geografica dell’Asia definita dall’area dell’Indocina e dell’arcipelago malese. In questo territorio si trovano varie foreste a rischio, in particolare la foresta dell’isola di Sumatra e la foresta del Borneo.

Non è “solo” una questione di alberi:

  • Le tre aree forestali che si sviluppano intorno alla linea dell’equatore sono tra le più ricche di biodiversità del pianeta, sono l’unico habitat naturale di alcune specie animali già inserite nella lista rossa IUCN[4]come specie a rischio critico di estinzione. Alcuni esempi sono dati da varie specie di uccelli appartenenti al genere Ara dell’Amazzonia, dal gorilla orientale (Gorilla beringei) e quello occidentale (Gorilla gorilla) che vivono nel bacino del Congo e all’orango di Sumatra (Pongo abelii) e a quello del Borneo (Pongo pygmaeus) che vivono nelle rispettive isole.

Lo sfruttamento delle foreste non porta quindi “solo” all’abbattimento di preziosi alberi ma anche alla drastica riduzione delle specie che in quei luoghi vivono. La Terra è la casa di tutti gli organismi viventi e non solo la nostra.

  • Le piante delle foreste pluviali, attraverso i processi di evaporazione e traspirazione, rilasciano acqua nell’atmosfera. Questa non solo determina in maniera significativa il clima nella regione ma, attraverso i fiumi, raggiunge gli oceani influenzando il clima mondiale.

Molti principi attivi[5] di farmaci che utilizziamo derivano dagli organismi vegetali che abitano in queste foreste. Gli scienziati ritengono che tra le tantissime piante ancora da scoprire in questi luoghi, molte potrebbero avere un grande potenziale in campo farmacologico.

DA SAPERE

Azioni che causano la deforestazione:

  • Attività agricole intensive come: allevamenti (es. bovini) e colture (es. soia, palma da olio).
  • L’estensivo taglio di legname e la massiccia produzione di cellulosa.
  • L’estrazione di minerali (es. diamanti), di metalli (es. oro, rame) e ovviamente di combustibili fossili come carbone e petrolio.
  • La creazione di infrastrutture su larga scala (es. strade, dighe, miniere).
  • L’avanzamento senza sosta dell’urbanizzazione.
  • L’azione dannosa di parassiti e malattie delle piante.
  • Incendi, sia naturali che di origine dolosa.
  • Siccità.
  • I cambiamenti climatici.

Risultati della deforestazione:

  • Perdita dei “polmoni verdi” del pianeta con conseguente aumento della CO2 nell’atmosfera, che a sua volta favorisce l’effetto serra.
  • Desertificazione, che favorisce l’avanzamento dei deserti.
  • Erosione del suolo e frane.
  • Modificazione del clima locale e mondiale.
  • Riduzione della biodiversità.
  • Distruzione dell’habitat e casa dei popoli indigeni. 

Come combattere la deforestazione:

  • Favorire politiche di rimboschimento.
  • Ampliare la rete delle aree protette e migliorare la gestione di quelle già esistenti.
  • Scegliere prodotti (certificazione FSC)[6] a base di cellulosa riciclata al 100% e che non abbiano subito il processo di sbiancamento.
  • Ridurre il consumo di latte e di carne, specialmente quella rossa. 
  • Comprare prodotti locali (es. a km zero).
  • Sensibilizzare l’opinione pubblica.

News … Elezioni FAO 2019: Qu Dongyu è il nuovo direttore generale della FAO e ricoprirà tale ruolo dall’1 agosto 2019 fino al 31 luglio 2023. Il biologo cinese succede all’agronomo brasiliano José Graziano da Silva, che aveva ricoperto il ruolo per due mandati consecutivi.

Per ulteriori informazioni è possibile visitare i siti web della FAO (fao.org), del WWF (wwf.org) e di GREENPEACE (greenpeace.org).

Combattere la deforestazione non significa solamente proteggere noi stessi, ma rappresenta anche un atto di rispetto e amore verso altri organismi viventi. Organismi che hanno il nostro stesso diritto di vivere su questo pianeta e forse, lo meritano molto più di noi.


[1] L’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura è stata fondata nel 1945 in Canada. Dal 1951 la sua sede è a Roma. Attualmente conta 194 paesi membri più i paesi dell’Unione Europea. [2] Il Fondo Mondiale per la Natura è un’organizzazione internazionale di protezione ambientale fondata nel 1961 in Svizzera. [3] Organizzazione non governativa ambientalista e pacifista fondata nel 1971 in Canada. [4] L’International Union for Conservation of Nature and Natural Resources è stata fondata nel 1948 in Francia come ONG che si dedica alla conservazione della natura. Dal 17 dicembre 1999 le è stato riconosciuto lo status di osservatore dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite. [5] In chimica si definisce principio attivo una molecola dotata di specifica attività biologica. Questa sarà farmacologica in un farmaco e tossica in un veleno. [6] FSC = La Forest Stewardship Council è un’organizzazione non governativa internazionale fondata nel 1993 in Canada. Il logo FSC garantisce che le materie prime, con cui il prodotto è stato realizzato, derivino da foreste correttamente gestite.

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