OSCENO È DIFENDERSI (DALL’OSCENO)

“L’oscenità è un concetto morale che appartiene all’arsenale verbale dell’establishment”.

I limiti talvolta diventano tali perché chiamiamo problemi cose che invece non necessiterebbero di soluzione o malattia cose che non necessiterebbero di cura.
Chiamiamo difetto o bruttezza cose che ci spaventano, cose difficili da gestire o che comporterebbero investimento di energie e responsabilità personali, soggettive.
Cerchiamo sempre di omologare tutto, di oggettivare, massificare, rendere tutto un problema del popolo, di Dio, della morale comune o della legge vigente.
Spesso non c’è bisogno di una cura o di una soluzione.
Il corpo sa, quando morire, quando e come guarire, quanto stare malato.
Il dolore sa, sa quanto restare, non è poi così cattivo.
Spesso la soluzione arriva proprio se non cercata, la risposta se si sta zitti, se non si fanno domande.
Il limite svanisce se non lo si considera tale.
Il brutto e il dolore se non li si accusano, se non li si emarginano e curano.
L’osceno è nella voglia di perfezione, di normalità, di bellezza, di salute totale, di serenità perenne, di mancanza di ostacoli.
Nel desiderio di onnipotenza, santità, assenza di peccato “animale”.
L'”osceno” mette ostacoli all’anima, all’animale che è corpo che ha fame, sete e fa figli e ama e cerca il piacere.
Mette ostacoli a cure e soluzioni che si fanno da sè.
Vivendo.
Nel brutto, nel bello e dove i limiti sono quelli della foresta dentro la quale si ha più o meno paura ma ci si va lo stesso per cercare da mangiare, riparo e compagnia.
Dove il limite non è nemmeno la paura.
Dove l’osceno è lo stesso concetto di oscenità.

Chiara Domeniconi

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