Il diritto di non averne (manifesto di una donna che si sente un umano qualsiasi)



“Rivendico il mio sacrosanto diritto di vivere senza eccellere in niente.
Di essere donna senza avere avuto figli e marito.
Di essere intelligente senza essere laureata.
So vivere nella norma ma anche no ma alla “Norma” preferisco la pasta.
Rivendico il mio sacrosanto diritto di non vivere amori convenzionali e se si può associare “convenzionale” alla parola amore credo si stia parlando di altro.
Rivendico il mio sacrosanto diritto di poter non pensare al mio futuro ma al mio presente che è il mio futuro più importante.
Non voglio rinascere, sono nata una volta e me la faccio bastare.
Anzi, a cinquant’anni mi porto dietro le parti vecchie e anche morte di me, quelle che hanno lottato, quelle nuove e quelle che non mi servono più. Avrò quelle che verranno ma non sarà rinascita ma esperienza.
Rivendico il mio sacrosanto diritto, a volte, di rifiutare i miei diritti perché mi offendono, come donna, come essere umano, maschile e femminile.
Rivendico quindi il mio sacrosanto diritto a non essere santa ma anche peccatrice perché sono umana.
Rivendico il mio sacrosanto diritto di poter “peccare” in libertà senza nuocere a nessuno perché il mio scopo nella vita e’ stare bene.
Pecco quindi di gola, lussuria, cupidigia…e’ nella natura umana di cui io rivendico il sacrosanto diritto di farne parte.
Rivendico il mio sacrosanto diritto non di non essere giudicata ma di fregarmene.
Non sarò mai nonna, moglie, madre, professoressa, beata, ministra.
Rivendico il mio sacrosanto diritto di non essere tante cose, di non essere anche niente, spesso.
Di essere a volte più maschio che femmina.
Di essere anche cattiva.
Di sbagliare.
Di fallire.
Di non capire.
Di non farcela più.
Di cedere.
Di rimediare, riuscendoci o no.
Di tradire e tradirmi.
Di avere paura.
Di arrendermi.
Di mentire.
Di essere egoista.
Gelosa o altruista.
Rivendico il mio sacrosanto diritto di avere voglia qualche volta anche di morire.
Senza per questo offendere qualcuno o la vita.
Rivendico il mio sacrosanto diritto, a volte, di preferire non averne, di diritti.
Che mettono scale, numerazioni, ruoli, confini.
Che hanno messo troppa differenza tra l’uomo e la donna.
La femmina e la donna.
Il maschile e il femminile.
Il lavoro umile e quello “stimato”.
La santita’ e il peccato.
E anche tra la vita e la morte, spaventandoci troppo.
Rivendico quindi il mio sacrosanto diritto di aver spesso voglia di essere libera dai miei diritti”.

Chiara Domeniconi

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