Baruch Spinoza

Spinoza noto filosofo olandese nato nel 1632 e morto nel 1677, fu uno dei più esponenti filosofi seicenteschi insieme a Cartesio, dal quale prese spunto per alcuni tratti della sua filosofia e non solo, poiché criticò anche alcuni dei suoi principi, come ad esempio la suddivisione della sostanza.

Spinoza infatti elimina questo dualismo cartesiano togliendo la res exstensa, quindi anche ogni aspetto materialistico della sostanza. Ciò che rimane è una sostanza assoluta, unica e coincidente con Dio.

Spinoza pubblicò solo due opere in vita, i Principi della filosofia di Cartesio del 1633 e il Trattato teologico politico del 1670. Le altre opere vengono pubblicate postume tra cui l’Etica conclusa nel 1675 e pubblicata nel 1677 e il Trattato sull’emendazione dell’intelletto.

L’Etica è divisa in cinque parti, quella su cui tratterò è la terza che parla dell’origine e della natura degli affetti. Gli affetti sono le affezioni del corpo di cui ne aumentano o ne diminuiscono la potenza. Se l’effetto dell’affetto non può essere concepito chiaramente e distintamente, l’affetto diventa passione. Le passioni indicano passività, la causa delle passioni è esterna alla nostra mente e la mente le subisce.

Unita al corpo, la mente esprime diversi modi del pensare e quindi anche diversi gradi di realtà o perfezione a seconda che immagini, ragioni o intuisca. Tanto più la mente immagina, tanto più sarà soggetta a passioni. Mentre tanto più avrà idee adeguate, tanto più sarà attiva.

Un’idea non è una rappresentazione, ma un atto in sé affermativo, che come tale non solo implica certi e determinati effetti, ma anche aumenta o diminuisce la potenza di agire di colui che la ha. Questa variazione di potenza prende il nome di affetto.

L’affetto, detto anche patema d’animo è un’idea confusa, con la quale la mente afferma la forza di esistere del suo corpo o di una parte di esso maggiore o minore rispetto a prima, e data la quale, la stessa mente è determinata a pensare questo piuttosto che quello.

Con quella di affetto si introduce una nuova nozione: il conatus, il cui significato sta per sforzo, ma anche tensione, pulsione, impulso. È l’autoconservazione del proprio essere. Ad esempio, il suicidio non è mai una scelta interna all’uomo, è sempre dovuta ad una causa esterna, perché tutti gli uomini posseggono il conatus.

Il conatus quando è riferito alla sola mente è detto volontà, mentre quando è riferito alla mente e al corpo è detto appetito. L’uomo è l’unione di mente e corpo, perciò l’appetito è l’essenza dell’uomo. Il desiderio detto anche cupiditas è la consapevolezza dell’appetito. Sono le leggi del desiderio a determinare i pensieri e il pensiero passa di secondo piano rispetto alla teoria cartesiana, diventando solo un aspetto del desiderio.

Quando si ha successo nello sforzo di autoconservarsi, la potenza di agire aumenta. Mentre quando subisce l’azione delle cause esterne passivamente la potenza di agire diminuisce. Nel primo caso aumenta l’affetto della gioia, nel secondo la tristezza.

Per Spinoza gli affetti primari sono tre: DESIDERIO, GIOIA e TRISTEZZA, dai quali derivano tutti gli altri, mentre per Cartesio gli affetti fondamentali erano sei.

La gioia è la transizione dell’uomo da una minore a una maggiore perfezione e il suo opposto, la tristezza, è la transizione da una maggiore a una minore perfezione. Per capire cosa intendiamo per affetto è importante la nozione di passaggio, infatti né gioia né tristezza possono essere considerate in sé perfezioni. Si parlerà così di piacere e di dolore quando gioia e tristezza si riferiscono insieme alla mente e al corpo. Infatti l’amore e l’odio non sono altro che una gioia e una tristezza accompagnata dall’idea di una causa esterna.

La mente in presenza di un’emozione che in passato l’abbia modificata ricorda l’affetto provato, affinché quando in futuro si ripresentasse la stessa emozione lei ricorderà cosa ha provato in passato e proverà simpatia o antipatia. Da queste associazioni di affetti alle cause esterne nascono i pregiudizi, che portano ad odiare o amare intere categorie di enti o soggetti per il solo fatto che abbiano in comune qualcosa con un ente che in passato ci ha provocato odio o amore.

Se poi immaginiamo che una cosa che suscita in noi un affetto di tristezza è simile ad un’altra che suscita in noi un affetto di gioia, la odieremo e l’ameremo insieme. Si parla così di fluttuazione dell’animo, che altro non è che la versione affettiva dell’oscillazione propria del dubbio. C’è un’altra condizione che ci porta a provare gli stessi affetti delle persone a noi care, gli affetti riflessivi. Al diminuire della potenza della persona amata diminuisce anche la nostra. Anche la gelosia non è altro che una fluttuazione dell’animo nata simultaneamente da amore e da odio e accompagnata dall’idea di un’altra che viene invidiata. Ad esempio chi immagina che l’amato lo odi, o di essere amato da colui che odia, sperimenterà odio e amore insieme. Quanto all’invidia essa è un odio dal quale l’uomo è affetto in modo da rattristarsi della felicità altrui e al contrario da godere dell’altrui male. L’opposto dell’invidia è la misericordia.

Prende il nome di ambizione la tendenza a compiere o omettere qualcosa per il solo motivo di piacere agli altri. È una gioia associata all’idea di una nostra azione che immaginiamo sia lodata da altri. Di fatto l’ambizione è un desiderio dal quale tutti gli affetti sono alimentati, infatti fino a quando l’uomo è posseduto da un certo desiderio è insieme posseduto dall’ambizione. Il contrario dell’ambizione è la vergogna, da distinguere dalla modestia. Mentre l’umiltà è una tristezza nata dalla considerazione della propria impotenza o debolezza e il pentimento quella tristezza associata all’idea di un fatto che crediamo di aver compiuto per libero decreto della mente.

Possiamo anche imitare gli affetti (empatia) quando proviamo affetti in conseguenza a quelli provati da qualcuno. Per il fatto di immaginare che un nostro simile provi un dato affetto proviamo un’emozione simile alla sua. Ad esempio, se un uomo soffre siamo portati a soccorrerlo anche se non lo conosciamo: gli uomini sono spontaneamente compassionevoli.

I legami sociali si basano largamente sul fenomeno dell’imitazione degli affetti.

Spinoza non vuole denunciare o condannare gli affetti, ma cerca di comprendere gli affetti e i suoi opposti per capire come agiscono su di noi e sulle relazioni tra individui.

Una mente attiva tende a focalizzarsi solo sulla gioia e il desiderio, allontanando gli affetti prodotti dalla tristezza. Le idee adeguate della mente attiva non eliminano gli affetti, ma generano affetti diversi rispetto a quelli innescati dalle idee inadeguate. Una mente attiva ha un carattere forte ed è contraddistinta dalla fermezza e dalla gentilezza entrambi desideri che sono sotto la guida della ragione.

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